I GIOIELLI AVANT-GARDE DI A DAY OF JUNE

I gioielli di ADOJ delineano nuove geometrie sulla figura umana, come a voler disegnare intorno alla sinuosità del corpo umano. Le linee si stagliano rigorose tagliando visivamente le superfici. Uno studio dal design minimale con cui sottolineare la cifra stilistica dell'Autrice.

 

Seppur affascinante il minimalismo ha sempre un tallone di Achille, il rischio di chi vi si avvicina è quello di rimanere imprigionato nell'essenziale. E in questo Debora dimostra invece tutta la sua forza espressiva, aggiungendo una seconda collezione dai contorni lavoratissimi, dedicata alla Lava e alle superfici che crea e copre il magma rovente. Così nascono gioielli da uomo e da donna caratterizzati da una materia lucente e increspata, stratiforme, che annega in sé pietre preziose. 

 

Debora ci racconta i suoi gioielli contemporanei, le tante collaborazioni che hanno visto i suoi bracciali su riviste di settore e video musicali, il suo desiderio di avere sempre un approccio diretto con il cliente e che rende vivo aprendo le porte del suo laboratorio ai futuri sposi che hanno voglia di creare da sé le loro fedi nuziali. Ho trovato quest'ultima iniziativa davvero singolare, dare la possibilità ad una coppia di realizzare la fede del partner per il grande giorno, con il suo supporto tecnico e pratico.

 

1. Perchè ADOJ?

ADOJ sta per A Day Of June, riadattamento inglese del mio cognome: Giugno.

Con questo brand volevo trasmettere il tempo dedicato ad ogni gioiello, la cura dei particolari e la ricerca di tecniche nuove. Con un gioiello ADOJ acquisti anche tempo della mia vita, un giorno di Giugno, A Day Of June.

 

2. Joan Thiele ha indossato un tuo gioiello nel video di Taxi Driver. Come è nata la collaborazione?

Io e Joan siamo legate da un profonda amicizia da molti anni, diciamo da quando io ancora imparavo a tenere la lima in mano e lei cantava in acustico con la chitarra nei bar di Milano. Taxi Driver è stato il primo video importante della sua carriera e quando le proposi di indossare un mio pezzo è impazzita di gioia. Ha scelto lei stessa quel bracciale dalla linea Stick To Me e per me è stata una grande emozione. Ci siamo sempre supportate a vicenda e ancora oggi, come anni fa, lei mi fa ascoltare le bozze delle sue nuove canzoni sullo stereo della macchina e io le mostro i nuovi pezzi in divenire. Proprio in questi giorni stiamo elaborando il design di un nuovo gioiello creato su misura per lei.

 

3. Superfici increspate e vuoti raggrinziti per uomini dalla forte personalità. Raccontaci la collezione uomo.

Ho sempre visto il gioiello da uomo come un campo poco esplorato e ricco di possibilità creative.

Il primo prototipo lo feci per Manuel, il mio fidanzato, la mia roccia, e volevo qualcosa che esprimesse il suo carattere forte.

Avevo per le mani dei frammenti di pietra lavica dell'Etna con cui stavo facendo due anelli su commissione, così  ho pensato ai Vulcani, a quanto siano potenti e misteriosi ma allo stesso tempo caldi e confortanti quando scaldano le acque e fertilizzano la terra con la loro cenere. Ci ho pensato a lungo e dopo la riuscita del primo prototipo ho continuato con la ricerca, dapprima concentrandomi sul design poi sulla tecnica;  volevo che al suo interno ci fossero delle pietre preziose ma i metodi convenzionali di incastonatura non si adattavano all'effetto che volevo ottenere. Dopo quasi un anno di tentativi, con il mio fonditore di fiducia, abbiamo trovato il metodo di fondere le pietre insieme al metallo, questo mi ha dato la possibilità di incastonare le pietre come se il metallo fuso le travolgesse e le facesse diventare parte di se, come la lava che scorre sui pendii dei vulcani e inghiotte tutto ciò che incontra sul suo cammino.

Lava nasce come collezione uomo, ma dopo le innumerevoli richieste da parte del pubblico femminile ho deciso di declinarla in chiave unisex, esplorando forme talvolta più delicate, adatte a dita fini, o più rudi per le linee del corpo maschile.

 

4. Al contrario la collezione "stick to me" appare lineare, quali minimal nei volumi. Sembra disegnare nuove forme geometriche intorno alle sagome suadenti del corpo. Era questa la tua intenzione?

Sono contenta che il mio intento si sia capito così chiaramente, mi piaceva l'idea che i miei gioielli risaltassero le forme del corpo ma anche che dessero maggiore intensità alla gestualità, il linguaggio del corpo è uno strumento meraviglioso.

 

5. La collezione "stick to me" è stata pubblicata su Nasty Magazine con un bellissimo servizio fotografico di Marco Vignati. Una danza lenta in un ambiente decadente che sottolinea l'energia stilista degli oggetti indossati. Ti aspettavi un interpretazione così audace dei tuoi gioielli?

Sinceramente no, la decontestualizzazione del gioiello mi ha lasciato piacevolmente colpita, non me lo sarei mai immaginata in quell'ambiente.

Le linee rigorose del design si sposavano benissimo con i movimenti morbidi e intricati della modella, per non parlare della contrapposizione con i volumi ampi e leggeri degli abiti. Bravi!

 

6. Quale tecnica e materiali preferisci usare?

Mi piacerebbe lavorare molto di più l'oro ma il suo prezzo elevato lo rende un materiale poco richiesto se non per occasioni molto importanti. È un materiale estremamente affascinante, a partire dal fatto che si può rifondere all'infinito, quindi ipoteticamente l'oro, che lavoro e indosso oggi, potrebbe essere appartenuto ad un imperatore romano o scavato dalla terra in chissà quale parte del mondo. Inoltre la lavorazione è più semplice, rispetto ad altri metalli, l'oro giallo di alta caratura è molto malleabile e le sue proprietà di incorruttibilità lo rendono perfetto per fare molte saldature consecutivamente.

 

In fase sperimentale invece mi ritrovo a prediligere l'argento, da' più spazio alla creatività perchè non causa "ansia da prestazione" come l'oro a causa dello spreco di materiale che è inevitabile quando si sta studiando un pezzo nuovo. Ha anche lui una resa molto bella e amo il modo in cui si ossida e leviga con l'uso, dopo anni sembra raccontare una storia.

 

Sono una persona molto curiosa, non posso dire di avere una tecnica preferita. Come si vede nelle collezioni, anche nel modo di lavorare traspare la mia personalità sfaccettata, amo lavorare la cera per creare piccole sculture barocche come, allo stesso tempo, ricerco il minimalismo e la rigorosità delle forme lavorando direttamente le barre d'ottone, altre volte mi lascio andare al materico creando forme random con spatolate a caldo sulla cera morbida.

Per questo motivo per me è stato, ed è, fondamentale il lavoro su commissione, creare gioielli per qualcun altro con un gusto totalmente diverso dal mio mi mette sempre davanti ad una sfida creativa e manuale nuova.

7. Quale libro di settore è stato importante nel tuo percorso?

Sicuramente il mio libro guru è "Rings - Jewelry of Power, Love and Loyalt" della casa editrice Thames&Hudson.

Mi accompagna da quando stilai la tesi di Laurea sul Gioiello d'Amore, ogni qualvolta ricerco qualcosa di nuovo nel passato, frase poco sensata lo so, Rings è il primo libro che prendo in mano e mi riguardo dalla prima all'ultima pagina, senza mai annoiarmi.

 

8. Organizzi workshop nel tuo laboratorio?

Nel laboratorio che ho aperto insieme alle mie due socie facciamo workshop di tecniche orafe antiche e contemporanee che possono essere adattate ed applicate allo stile personale di chi vi partecipa, è un modo per le persone che partecipano di arricchire e impreziosire le proprie collezioni.

Non solo, teniamo singolarmente anche svariati corsi per chi si vuole avvicinare al mondo dell'oreficeria, ad esempio molti promessi sposi che vengono da noi perchè anziché comprarle decidono di farsi a mano le fedi nuziali, lui per lei e lei per lui, è esperienza molto romantica e divertente che avvicina la coppia con un ricordo indelebile.

 

9. Dove è possibile acquistare un tuo gioiello?

Le mie collezioni sono acquistabili on-line su adayofjune.com oppure presso il mio laboratorio About - Fucina Orafa situato in Via Francesco de Sanctis 34 a Milano. È anche possibile ordinare gioielli su misura.

a cura di Serena Ciarcià




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