PIN-UP: STORIA DI UN MITO

 

La storia della pin up (letteralmente significa “appendere su”, “appendere con spillo”) nasce in Francia dove, alla fine dell’ottocento, cominciarono ad apparire le prime copertine dedicate a rappresentazioni femminili in abiti succinti. Nei primi anni del ventesimo secolo, queste immagini arrivarono anche al di là dell’Oceano e con lo scoppio della prima Guerra Mondiale in America cominciano a comparire le prime donne pin up.

 

L’esercito americano considerò da subito la pin up utile al morale delle sue truppe e decise così di spedirle al fronte. Il massimo sviluppo e la massima “produzione” di Pin Up si ha però con l’avvento della seconda Guerra Mondiale, quando molte fra le più belle Pin Up furono pubblicate da “Yank”, il settimanale dell’esercito, ovviamente americano: in questo periodo prese vita una nuova arte, la “Nose Art” che vide la rappresentazione di donne sensuali sui mezzi militari americani, in modo particolare sui bombardieri che le usavano come mascotte (ricordiamo il famosissimo B-17 “Memphis Belle”). Con la fine della guerra sembrava che il fenomeno pin up dovesse via via scomparire, ma al loro rientro in patria vennero subito assoldate dal mondo pubblicitario maschile.

 

 

 

Con il passare degli anni e l’ammorbidirsi della censura, le ragazze si fecero più trasgressive trasformandosi in immagini femminili meno ingenue e più sexy che soppianteranno velocemente le prime pin up. Per potersi definire pin up, la ragazza doveva possedere caratteristiche fondamentali: la più importante è la postura, che doveva mettere in evidenza le curve sinuose ed essere affiancata da un’espressione del volto ingenua, sorridente ma allo stesso tempo accattivante; la pin up doveva essere incantatrice ma anche scherzosa e birichina con il suo osservatore.

 

 

L’abbigliamento inoltre giocava un ruolo fondamentale nel suo “vedo-non vedo”: la pin up non doveva mostrare troppo, bensì il gioco consisteva nel coprire in modo sapiente i punti “proibiti”. Iniziarono così a spopolare corpetti con una spallina cadente, lunghe gonne a pieghe sollevate da un forte vento e trasparenti baby-doll. Non è detto che la pin up sia sempre sola, può essere accompagnata anche da figure maschili, da animali (cagnolini al guinzaglio, uccellini, gattini) o auto d'epoca, sempre restando però la protagonista indiscussa di tutta la scena. Questi sono gli ingredienti che, uniti ad un cocktail di colori ed un bel pizzico di innocente malizia, contribuiscono a creare un’immagine di sicuro effetto.

 

 

La “vera” pin up è rappresentata nell’immagine di donna che sa ben gestire il difficile equilibrio fra erotismo, buon gusto e discrezione. Con il cinema e il varietà, e soprattutto con la grande stagione dei musical, le pin up degli anni 40 avevano mostrato le gambe e gli ombelichi. Ma la vera svolta arrivò con i primi anni Cinquanta: nel 1953 negli Stati Uniti nacque la rivista Playboy, fondata da Hugh Hefner ed il cui primo numero ospitava per 50 centesimi la giovane e sconosciuta Marilyn Monroe. Da allora tutte le dive americane hanno aspirato a un posto d’onore su quelle pagine. Tra i nomi più importanti che apparvero sulla rivista non bisogna scordare i due maggiori collaboratori, Alberto Vargas e Rolf Armstrong che riuscirono a ritrarre sapientemente donne bellissime regalandoci un mito senza tempo arrivato fino ad oggi. È proprio grazie ai loro ritratti se sessant’anni dopo possiamo ricordare quegli anni come un periodo di forte cambiamento, nel ruolo della donna così come all’interno del mondo della moda, un periodo fertile e ricco di novità che ancora oggi vengono spiate e riprese come importanti spunti.

 

 

 

La pin up non è mai passata di moda e diversi designer amano oggi riproporre sue caratteristiche in creazioni attuali: è il caso della designer emergente Chiara Salvioli che ha dato vita ad un brand, “Pommes de Claire”, dolcemente nostalgico degli anni cinquanta. Chiara ama definire lo stile Pommes "decadente", quasi senza tempo e un po’ “francese” grazie a quel tocco glam e raffinato che si riconosce sempre nei suoi modelli. E’ innegabile la ricerca del dettaglio, la voglia di rendere sempre più bella una donna vera con le forme, regalandole quell’aura di tiepida sensualità oggi come allora e questa tendenza dà ossigeno fresco alla speranza di tornare a vedere sulle passerelle donne comuni contro l’eccesso di magrezza che ha albergato le nostre passerelle, tra critiche ed applausi, dall’avvento del fenomeno Twiggy.

 

 

 

 

A cura di Silvia Bertolini.


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