ALTROSGUARDO: IL CANTASTORIE DEGLI OGGETTI.

Gli oggetti hanno il potere di raccontare storie mai scritte. E così Mara e Mattia si cimentano nell’ardua missione di re-concettualizzare un oggetto particolarmente emozionante e renderlo contemporaneo. Altrosguardo, il loro brand, promuove la filosofia di design del riuso, per poter recuperare le storie e raccontarle con un linguaggio attuale. Oggetti già esistenti, attraverso un progetto di conversione, vengono trasformati, assemblati, riportati a diversa vita con creazioni spesso ironiche e provocatorie. Strade diverse si incontrano e proseguono insieme il loro percorso con un idea nuova! Mattia aveva appena concluso gli studi di artigianato artistico dedicati alla liuteria e al restauro, Mara invece aveva proseguito gli studi approfondendo le tematiche del teatro sperimentale e della semiotica visiva degli oggetti presso la Facoltà di Comunicazione. Cosa li unisce? L’amore per il modernariato e per le piccole invenzioni. Da ciò nasce Altrosguardo, il cantastorie degli oggetti, ricco progetti inediti e avvincenti presentati oggi presso i migliori Saloni Internazionali del nostro Paese.

 

Volete un esempio?

ALIEN (la lampada a parete ricavata da un asciugacapelli originale anni ’70):

‘Una notte d’estate la navicella spaziale scese sulla Terra. Il comandante entrò in casa ad ispezionare l’interno per osservare come vivevano quegli strani a-alieni. Vide molti oggetti sconosciuti finché il suo sguardo fu attirato da una strana forma verde. C’era qualcosa di familiare in quell’oggetto. Il comandante lo prese con sé sull’astronave e lo portò nel suo mondo per studiarlo. Smontandolo capì cos’era: un vecchio asciugacapelli a-alieno. E aprendolo in due per analizzarlo, vi si ritrovò sorpreso come in uno specchio. Era come guardare il suo viso riflesso nelle due metà di quell’oggetto. Decise così di divertirsi un po’. Lavorando tutta la notte lo trasformò in un’altra cosa, da regalare agli a-alieni. La lasciò, qualche tempo dopo, di notte, nella stessa casa da dove l’aveva preso, un ricordo misterioso del suo luminoso passaggio che qualcuno, forse, avrebbe capito. ‘ Pezzi unici. L’auto-produzione è una scelta per sperimentare e inventare nuovi oggetti o un alternativa ai processi complessi del mercato odierno?

Secondo il nostro punto di vista la tendenza a realizzare pezzi unici sempre più personalizzati è destinata a diventare espressione di una personalità individuale in cui può riconoscersi un’identità sociale collettiva.

 

La circolazione dei saperi e delle informazioni, propria delle nostre società, genera sicuramente molte nuove possibilità anche solo rispetto a dieci anni fa. E’ naturale quindi che le idee si contaminino l’un l’altra molto velocemente, da un lato accrescendo le opportunità sociali, dall’altro indebolendo i legami, fondati sempre più sulla velocità d’interazione virtuale, più che su solide radici di conoscenza diretta. 

Ogni creativo, il designer come l’artista, cerca in questo contesto uno scopo personale, un senso nelle proprie creazioni. Cerca la propria identità fra le miriadi di altre identità.

 

L’importanza di proporre qualcosa che non sia puramente estetico ma che stimoli l’intelligenza emotiva è per noi di primaria importanza. Nei nostri lavori l’accento è proprio sul legame tra il riconoscere una propria dimensione personale nel prodotto o nel progetto, legato al nostro vissuto/ tradizione e la memoria, o la premonizione, di una identità collettiva.

Ci piacerebbe che l’enorme potenzialità della dimensione ecologica del design venisse convogliata in produzioni concrete, e non solo in affascinanti prototipizzazioni destinate a riempire i saloni delle fiere.

 

1. Quali sono i vostri canali di contatti con il cliente? Il web vi aiuta?

Fin dalle prime nostre produzioni abbiamo partecipato a diverse esposizioni e fiere che ci hanno messo subito a confronto diretto con il pubblico, come ad esempio Young Designer Home a Vicenza, il Fuorisalone a Milano e Moacasa di Roma nel 2010 e quest’anno abbiamo partecipato con il collettivo Resign academy al salone satellite durante il salone del mobile di Milano.

Alcuni magazine cartacei e blog sul web come ad esempio Glamour, Spazio casa, youngdesigner, frizzifrizzi e altri ci hanno sicuramente aiutato a farci conoscere.

Attraverso il web e quindi dal nostro sito www.altrosguardodesign.it e attraverso i social network facebook e myspace riusciamo a raggiungere altre persone. Prendiamo autonomamente contatti con spazi, negozi e showroom che ci danno l’opportunità di esporre e lavoriamo anche con i privati.

 

2. Come si esplica il concetto di design in Altrosguardo?

Il design del futuro dovrà sempre più legarsi ai contenuti, ai messaggi che la forma vuole veicolare. Le tecnologie ormai sempre più alla portata di tutti tendono ad equiparare le competenze tecniche, da qui la necessità di idee nuove, diverse, che facciano emergere il concetto, e quindi la sostanza. Il termine “design” sta assumendo le più svariate (e a volte paradossali) connotazioni. Nuovi designer e nuovi progetti vengono presentati a decine ogni giorno. Il termine è ormai inflazionato, rischia di essere un’etichetta modaiola svuotata di significato.

Noi traiamo ispirazione dalle contaminazioni “della strada”. A quello che vi accade. Alla gente che la percorre, che ci lavora. Se ci guardiamo attorno ci accorgiamo che ci sembra di vivere in una discarica dove i rifiuti continuano ad accatastarsi e questo perché quando si acquistano oggetti per la casa si da anzitutto valore all’estetica e in secondo luogo al basso costo. Di conseguenza buttiamo l’oggetto quando diventa noioso e lo sostituiamo.

Ciò significa che quegli oggetti non assumono un valore simbolico e/o affettivo per noi ma seguono mode effimere e passeggere, inoltre la produzione in serie molto spesso appiattisce il divario fra estetica e qualità. Per noi il processo progettuale non è uno strumento al servizio della produzione in cui viene creato un oggetto “bello”, ma si tratta di un approccio in cui vengono inseriti diversi fattori fra cui: emozione, funzionalità, creazione di relazioni ed estetica.

Ci sforziamo di osservare il mondo con occhi diversi: un oggetto usato, nuovo, rotto o perfetto non fa differenza se ci può comunicare qualcosa. Cerchiamo di dargli nuova vita e nuova identità, così quello che prima era solo un rifiuto o un oggetto abbandonato in soffitta o in discarica oggi è un complemento originale, magari unico, che ha anche un valore simbolico legato al riuso e al consumo critico.

 

3. Unire l'arte, l'artigianato e il design è l'obiettivo che Altrosguardo si propone di raggiungere. In che modo procedete affinché questo sia fattibile?

Alla base di tutti e tre c’è la volontà o meglio la necessità di trasmettere emozioni attraverso la creatività. Fondamentalmente l’artista, l’artigiano e il designer sono egocentrici nei confronti della propria sensibilità e perseguono gli stessi scopi su percorsi apparentemente diversi che inevitabilmente si intersecano. Tuttavia una differenza fondamentale, forse, sta nella funzione ultima dell’oggetto/progetto. Un’opera d’arte può anche non essere capita, un progetto o un prodotto di design che non viene compreso ha in parte fallito la sua missione. Un’opera d’arte può non essere funzionale e, allo stesso modo un progetto di design può non avere nulla di artistico anche se ovviamente è meno accattivante.

In buona sostanza per noi un oggetto diventa un prodotto quando riesce ad andare oltre al valore estetico, coinvolgendo le persone emotivamente, trasmettendo significati ed essendo godibile e diventa per chi lo possiede qualcosa da cui è molto difficile separarsi o buttarlo nella spazzatura con nonchalance. I nostri progetti hanno una matrice fatta di diversi elementi, frutto dei nostri percorsi esperienziali: musica, teatro di ricerca, comunicazione, design e artigianato. La nostra curiosità ci ha sempre spinto a cercare. Nello studio, nel lavoro, nelle passioni, negli ideali. Altrosguardo raccoglie tutti questi input, li rielabora e genera i progetti che stiamo facendo conoscere.

 

4. A chi sono rivolti i prodotti Altrosguardo?

A chiunque. La nostra soddisfazione deriva anche dal vedere oggetti in disuso che tornano a vivere e ad essere vissuti.

 

5. Qual è il futuro prossimo di Altrosguardo?

Continuare il nostro lavoro di sperimentazione e riuscire a far conoscere i progetti e le idee che ci sono dietro ad un pubblico più vasto ed eterogeneo possibile.

 

 

A cura di Serena Ciarcià

 


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